CONFINI / FRONTIERE

UNA COMUNITÀ IBRIDA

All’inizio del secolo a Gorizia si respira un clima di convivenza pacifica, in cui i rapporti tra le diverse componenti della popolazione – italiana, slovena, friulana e tedesca – non si configurano in maniera conflittuale, ma pacifica e collaborativa.
Certo, c’è la competizione politica che si lega, spesso, alla questione nazionale. Ci sono i partiti, le associazioni, i circoli culturali.
Ma c’è il rispetto e la consapevolezza di essere parte, tutti, della stessa comunità.
Una comunità ricca proprio perché ibrida.

Gorizia è stata per molto tempo un’area di frontiera, ben prima di diventare una città di confine.
Prima di diventare «la città divisa da una linea bianca».

Le frontiere son luoghi di transizione, di incontro. Sono aree fluide, mobili, che non circoscrivono specifici gruppi ma piuttosto li mettono in contatto reciproco.
Sono luoghi di connessione e contaminazione, dove si costruiscono relazioni dove, anche, ci si scontra.
Dove le identità si mettono in gioco, si contaminano, si ridefiniscono.
Storicamente le frontiere vengono ricordate come luoghi di conflitto, dimenticando spesso come esse siano innanzitutto spazi di conoscenza lungo (e dentro) i quali si verificano stimolanti convivenze tra lingue, culture, tradizioni differenti.

Piazza Grande / Travnik

La piazza centrale della città ha due nomi. Per gli italiani è «Piazza grande», per gli sloveni il «Travnik», il prato. Per tutti è la piazza del mercato, degli incontri, della spesa di frutta e verdura che arrivava dal circondario.

Durante la fiera di Sant’Andrea, la più importante dell’anno, a dicembre, la piazza si riempie di bancarelle, tendaggi, baracchini di dolciumi e salumi, giochi e attrazioni, teatrini e panottici, funamboli e mangiafuoco.

Un’idilliaca convivenza?

IL CARATTERE DEI GORIZIANI

Il carattere dei goriziani, indipendentemente dalla lingua che parlavano era un carattere fatto di docilità fiduciosa, di austerità etica, di rispetto delle convenzioni, di amore per l’ordine nella cultura e nel vivere quotidiano e così via, con tutte le conseguenze anche limitanti che ne potevano derivare.
Il turbamento inevitabilmente prodotto dai movimenti risorgimentali e poi nazionalistici non scosse tanto profondamente questa civiltà, vissuta con una lineare correttezza che si affidava ad una visione unitaria ed equilibrata del mondo e della vita, secondo uno schema squisitamente mitteleuropeo.
Resterebbe da vedere come e quanto di quel tono e di quel clima, che fin dall’Ottocento riguardò tutti i goriziani, sia passato oltre i primi anni del Novecento e come si sia trasformato eventualmente o sostituito con forme di intolleranza e di violenza.

Sergio Tavano

Il Trgovski Dom

«Casa del commercio», ma anche sede di partiti politici, redazioni di giornali, associazioni culturali.
E un teatrino che è un piccolo gioiello, dove le famiglie, la domenica, accompagnano i figli a vedere spettacoli per bambini.
Il Trgovski dom, a inizio secolo, è il cuore pulsante della comunità slovena di Gorizia.
Un vero punto di riferimento, un simbolo, commissionato dal Consorzio commerciale e industriale della comunità slovena all’ «archistar» Max Fabiani tra il 1903 e il 1905.
.

«Il più grande ed economico negozio di moda e manufatti a Gorizia».
« Speciale. Grande assortimento di stoffa maschile».
« La più vasta scelta di moderni abiti e camicie femminili».

Stazione Transalpina

Se a inizio secolo, la Transalpina è segno della connessione di Gorizia con il centro dell’Impero, dal 1947, con la rete divisoria che attraversa la piazza, diventa simbolo di un territorio diviso e lacerato.
Solo nel 2004, dopo l’ingresso della Slovenia nella UE, quando la rete verrà abbattuta, la piazza tornerà ad assumere una grande forza simbolica e sarà posta al centro di una nuova prospettiva comune.

«Il 23 luglio 1906 l’arciduca Francesco Ferdinando inaugura ufficialmente la stazione nord della città, la «GörzStaatsbahnhof».
Si trova lungo la linea transalpina che collega il Porto di Trieste con l’Austria e la Cecoslovacchia. Fino al 1914, qui giungono i turisti tedeschi attirati dal clima mite della cosiddetta «Nizza austriaca», luogo di villeggiatura e di bagni termali, dal clima mite e accogliente».

Durante la Prima guerra mondiale, la Transalpina diventa punto nevralgico per i rifornimenti bellici austriaci diretti al fronte dell’Isonzo subendo pesanti bombardamenti.
Dopo il passaggio all’Italia, l’edificio viene ricostruito secondo i progetti originali e nel 1923, assume il nome di «Gorizia Montesanto».
Nel 1947 il confine tra Italia e Jugoslavia taglierà in due la piazza antistante.

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

UNA FERITA PROFONDA

La Prima guerra mondiale è, per Gorizia, una ferita profonda.
Che non si rimarginerà mai.
Uno spartiacque, fra un prima e un dopo.

Una guerra che inizia nell’agosto del 1914, quando tanti goriziani, cittadini dell’Impero, prendono il treno e partono per il fronte, verso la Galizia, verso la Bosnia.

Dopo l’ingresso dell’Italia nel conflitto, il 24 maggio 1915,
Gorizia si trova a ridosso delle prime linee del fronte e la vita, in città, cambia radicalmente.
Un certo numero di goriziani, irredentisti, attraversano il fronte e decidono di combattere, volontari, con l’esercito sabaudo.
Inizia così una nuova fase del conflitto, che vede soldati goriziani schierati su entrambi i fronti, ma soprattutto tanti civili sfollati, profughi, persone costrette a fare i conti con i bombardamenti e le distruzioni.

Il 9 agosto 1916 Gorizia viene presa dall’Italia.
Nell’ottobre 1917, dopo Caporetto, la città ritorna sotto il controllo austriaco.
Quattro giorni dopo lo sbarco dei bersaglieri a Trieste, avvenuto il 3 novembre 1918, i soldati italiani entrano nuovamente anche a Gorizia.