ASCOLTARE LE MEMORIE LUNGO IL CONFINE
INCONTRO – DIALOGO CON MONI OVADIA
7 novembre 2012 ore 10:00
Auditorium della cultura friulana, Via Roma 5 – Gorizia
L’auditorium della cultura friulana di Gorizia si riempe di ragazzi: 370 studenti provenienti delle classi quarte e quinte delle scuole superiori del capoluogo isontino, di Monfalcone, Staranzano e Trieste. La luce si spegne. Sullo schermo compare il volto di una persona anziana, con la pipa in mano, che inizia a raccontare di un tempo apparentemente lontano in cui, lungo l’area di confine, gli individui e le comunità sembravano convivere pacificamente e in cui quasi tutti sapevano parlare cinque diverse lingue e si sentivano parte di un’unica comunità. Dopo di lui altre due signore, una slovena e una italiana, raccontano storie simili, di scambio e ibridazione tra lingue e culture. La luce si spegne di nuovo. Una voce fuori campo recita: “Memoria e storia lungi dall’essere sinonimi noi ci rendiamo conto che tutto le oppone. La memoria è la vita, sempre prodotta da gruppi umani e perciò permanentemente in evoluzione, aperta alla dialettica del ricorso e dell’amnesia. La storia è la ricostruzione, sempre problematica e incompleta, di ciò che non c’è più”. A partire da queste parole di Pierre Nora, Alessandro Cattunar e Raffaella Canci dell’Associazione Quarantasettezeroquattro hanno presentato Archivio della memoria. Storie di vita e di luoghi, un portale multimediale (consultabile all’indirizzo www.stradedellamemoria.it), a libero accesso in cui è possibile consultare i racconti di vita dei testimoni insieme alle fotografie, a percorsi biografici e bibliografici.
I responsabili del progetto hanno proposto agli studenti una riflessione sulla storia dell’area di confine e, appunto, sulle differenze tra la memorie – sempre plurime e cangianti – e la storia, con le sue pretese di obiettività. Le interviste presenti nell’archivio dimostrano l’importanza di ascoltare “le vite degli altri”, aprendosi al punto di vista di chi ha vissuto esperienze diverse dalle nostre, per comprendere le complesse vicende di quest’area di frontiera. Allo stesso modo insegnano come sia fondamentale, per far riemergere queste memorie, l’incontro, il confronto, l’interscambio fra due soggettività, tra testimone e intervistatore, tra intervistato e ricercatore (studente).
A partire da queste riflessioni Moni Ovadia ha trascinato i ragazzi all’interno di un viaggio nelle memorie d’Europa, con particolare riferimento a quelle comunità che nel corso del Novecento sono state vittime di discriminazioni e persecuzioni (gli ebrei, i rom e i sinti, gli sloveni). Ma soprattutto è riuscito a far comprendere quanto sia importante, per il mantenimento dell’identità individuale e collettiva, conservare la memoria propria e di chi ci ha preceduto. Perché senza memoria non sapremmo neanche chi siamo, da dove veniamo e quali sono i nostri valori. Non saremmo in grado di agire e difenderci. In un’epoca sempre più dominata dalle nuove tecnologie, in cui tutto sembra virtualmente conservabile, appare ancora più importante saper “ascoltare le memorie”, avere quel background di saperi, conoscenze disponibilità al confronto che consente un approccio consapevole ai ricordi, ai racconti di vita, alle testimonianze – fondamentali – di coloro che hanno vissuto in un’area di confine segnata da eventi estremamente dolorosi ma anche da esempi di solidarietà e capacità di reazione che non devono essere dimenticati.
Alla conclusione di un lungo monologo, Moni Ovadia si è prestato, come “cavia”, ad essere intervistato da alcuni studenti, facendo così emergere anche alcune delle difficoltà “concrete” dell’inter-scambio tra intervistato e intervistatore.
La presentazione dell’Archivio della memoria – finanziato dalla Regione FVG, dalle Province di Gorizia e Trieste, dall’Unione Europea (Eacea Programme) e dalla Fondazione Carigo – ha rappresentato un primo passo di un percorso più ampio che, all’interno del progetto quadro “Strade della memoria”, porterà a gennaio all’inaugurazione di “Topografie della memoria – Museo diffuso dell’area di confine” e all’organizzazione di una giornata internazionale di studi.
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