Comprendere la Shoah, capirne le basi ideologiche, i meccanismi politici, economici e culturali, le motivazioni psicologiche e sociali.
Comprendere non solo “cosa è successo” – le disposizioni di legge, le misure persecutorie, l’istituzione dei ghetti, le deportazioni, lo sterminio all’interno e all’esterno dei campi – ma anche “perché è potuto succedere”.
Si tratta di una sfida, soprattutto se intende portare questa riflessione all’interno delle scuole, facendo i conti con i tempi contingentati.
Una sfida ulteriore, è la riflessione sulle modalità con cui la Shoah può essere – o non può essere – raccontata. Molti storici e filosofi – da Primo Levi a Giorgio Agamben, fino a George Didi-Huberman – si sono interrogati sull’effettiva possibilità di concepire, immaginare, narrare, spiegare lo sterminio.
Il progetto “Narrare l’indicibile”, promosso dall’ANED di Pordenone e condotto dall’Associazione Quarantasettezeroquattro presso il Liceo Leopardi-Majorana di Pordenone, ha affrontato queste due sfide congiuntamente, provando a far compiere agli studenti qualche passo verso la “comprensione” della Shoah attraverso un percorso di scoperta e analisi del modo in cui la Shoah è stata vissuta, percepita, raccontata dai protagonisti, sia vittime che carnefici.
Il progetto parte dalla convinzione che, anche e soprattutto su un tema delicato come la Shoah, sia fondamentale lavorare sulla complessità, sulla pluralità degli sguardi, sull’esistenza di percezioni, punti di vista e motivazioni diverse.
Andare ad esplorare, conoscere e comprendere (pur senza condividere) anche il punto di vista dei carnefici, il loro racconto delle vicende, le motivazioni e le giustificazioni, i convincimenti ideologici appare necessario per cercare delle risposte ai comportamenti individuali e collettivi che resero possibile lo sterminio.
Mettere a confronto i ricordi, le narrazioni, i tentativi di interpretazione offerti dai sopravvissuti con quelli dei responsabili consente di entrare in una delle dimensioni più complesse del lavoro dello storico: comprendere e analizzare “le mentalità”.
La riflessione ha preso avvio, da un lato, dalla lettura e analisi delle opere di testimoni, sopravvissuti, sviluppando una riflessione profonda sulla possibilità del narrare la Shoah e sulle modalità per farlo. Dall’altro lato, si si sono presi in considerazione i testi dei carnefici e sui carnefici (il lavoro autobiografico di Rudolph Höss e il volume di Gitta Sereny dedicato a Franz Stang), ma anche quelli di scrittori che hanno provato a “mettersi nei panni” dei persecutori, cercando di raccontare la loro “visione del mondo”, proponendo narrazioni in prima persona (ad esempio “Le benevole” di Jonathan Little).
I protagonisti, su entrambi i lati, raccontano la propria verità, soggettiva, emotiva, personale. Due verità che non possono essere messe sullo stesso piano, in nessun modo, ma che ci aiutano a capire un po’meglio il rapporto che intercorre tra storia e memoria, oltre all’importanza di considerare i legami tra macrostoria e microstoria, grandi avvenimenti e percezioni individuali.
“Narrare l’indicibile” è un progetto
coordinato da: Alessandro Cattunar e Andrea Colbacchini
promosso da: Aned di Pordenone
curato da: Associazione Quarantasettezeroquattro
presso il Liceo Leopardi-Majorana di Pordenone
con il contributo della Regione – Friuli Venezia Giulia
e della Fondazione Pittini
Un ringraziamento alle professoresse referenti del progetto
Susanna Corelli
Silvia Pettarin