DOPO L’8 SETTEMBRE

  • 8 settembre 1943

    L’ANNUNCIO DI BADOGLIO

    19:45 dell’8 settembre dai microfoni dell’EIAR il Maresciallo Badoglio annuncia la resa incondizionata.
    I testimoni italiani lo ricordano come il giorno dell’Armistizio.
    Per gli sloveni è la data della Capitolazione.

  • 10-26 settembre 1943

    LA BATTAGLIA DI GORIZIA

    Alla notizia dell’avvicinarsi delle truppe naziste, su iniziativa di Vinicio Fontanot, partigiani italiani e sloveni si organizzano della Brigata proletaria. Tra loro anche molti operai monfalconesi che, ancora in tuta da lavoro, ma armati, iniziano a difendere il territorio dall’invasione tedesche. Con loro anche ufficiali e soldati dell’ormai dissolto regio esercito italiano.
    Per due settimane cercano di tenere testa all’esercito nazista, in particolare presso la stazione e l’aeroporto di Gorizia.
    La Battaglia di Gorizia è la prima importante battaglia organizzata dalla resistenza italiana in Italia settentrionale

  • 12 settembre 1943

    I NAZISTI ACCOLTI A GORIZIA

    Evelina G.: «Mi ricordo Gorizia piena dei tedeschi, e i goriziani erano contenti dei tedeschi! I goriziani austriacanti: Austria o Germania per loro era la stessa cosa. Quando è finita la guerra, nel mio quartiere, qualcuno di loro ha messo fuori la bandiera austriaca, non quella italiana. E non pochi, sa?».

La zona d’operazioni Litorale Adriatico

Dopo l’occupazione nazista, nel centro-nord Italia si crea la Repubblica sociale italiana (RSI). Il Friuli, la Venezia Giulia, l’Istria entrano a far parte di una zona cuscinetto amministrata de facto dai nazisti: la Zona d’occupazione Litorale Adriatico.

Quella volta, quando c’erano le SS, si aveva paura… perché dominavano con il terrore. Non si poteva offendere il tedesco perché lui non pensava due volte, sparava! Almeno così dicevano loro. Poi se facevano non si sa. Ma siccome in altri Paesi si sentiva qualche cosa… C’era anche il coprifuoco…

Emilio M.

E sotto i tedeschi si doveva collaborare con loro. E anche noi ragazze dovevamo lavorare con la Todt, andare a scavare le trincee, là sulle colline. E se non si andava c’era pericolo di deportazione in Germania.

Teodora G.

I tedeschi reclutarono moltissimi giovani in poco tempo e gli facevano fare i lavori coatti… scavare buche con pala e piccone. Anch’io fui reclutato tra marzo e giugno del 1944, per fare il muratore

Milovan B.

Gorizia era dal 1944 una città blindata, in cui c’era una sensazione fisica di precarietà, quasi di assedio, circondata da filo spinato, posti di blocco, presidiata da migliaia di militari. Una realtà̀ in cui bastava una delazione, anche falsa, per provocare una morte o una deportazione in Germania di qualcuno.

Dario Mattiussi

L’OCCUPAZIONE NAZISTA

Le geografie delle formazioni partigiane che operano nei dintorni di Gorizia dopo l’8 settembre sono complesse.

Da un lato, i partigiani garibaldini, per lo più di orientamento comunista, si dimostrano disposti a collaborare con la Resistenza slovena privilegiando il comune obiettivo di vittoria contro il nazifascismo e rimandando ad un secondo momento la discussione sull’assetto territoriale postbellico. Dall’altro, le brigate autonome Osoppo si oppongono con forza ai tentativi jugoslavi di prendere il controllo sull’intero territorio e si battono affinché, una volta sconfitti i nazisti, non si affermi un regime comunista.

Ad ogni modo, il movimento di liberazione jugoslavo riesce in breve tempo a imporre su buona parte delle formazioni comuniste la sua egemonia non solo in campo militare e organizzativo, ma anche in quello politico ed ideologico.

 

La «questione nazionale», cioè la decisione di assegnare Gorizia e Trieste alla Jugoslavia oppure all’Italia dopo la guerra, rappresenta il principale fattore di  tensione all’interno del fronte resistenziale.

 

Una questione che diventerà centrale nei delicati e complessi giorni della liberazione.

I cosacchi

All’interno del complesso mosaico etnico rappresentato dalle truppe collaborazioniste dei nazisti presenti sul Litorale, un ruolo importante viene assunto dai cosacchi che, durante il secondo conflitto mondiale, occupano le montagne della Carnia, ma vengono dislocati anche a Gorizia.

«I cosacchi erano con i tedeschi. Mi ricordo che sono arrivati con le famiglie, con questi carri, carretti, con i cavalli… con carri raffazzonati, molte volte legati con il filo di ferro. Non avevano mezzi, non erano motorizzati, erano allo stato brado! Avevano abbigliamenti strani. Erano tutti imbottiti di vestiti, come provenissero dal freddo. E avevano al seguito anche donne, bambini, tutte le famiglie».

DARIO C.

O Dio come puzzavano i cosacchi! Mio Dio! Arrivavano su quei carri… Puzzavano loro e tutto quello che avevano attorno. Non si può descrivere! I cosacchi stavano con i tedeschi!

ANAMARIJA M.

«È gente selvaggia quella lì! Senza nessuna patria… Perché i russi avranno un loro sistema, ma i cosacchi erano proprio gente scartata, rifiutata, che andava dove poteva per vivere! Si sono anche fermati a dormire a casa mia. Perché loro si insediavano dove vedevano che c’era posto… Era come un sequestro. E noi li dovevamo tenere lì finché loro volevano».

SONIA T.

I cetnici

«Ecco, il 29 aprile i tedeschi se ne andarono. Dietro i tedeschi arrivavano i cetnici, provenienti dalla Valle del Vipacco, da San Daniele. Li ho visti io passare sotto casa… una cosa veramente… strana! Perché erano armati fino ai denti. Alcuni addirittura con il pugnale in bocca. Capelli lunghi, senza scarpe, con fasce, eccetera. Ed erano terrorizzati perché avevano alle spalle i partigiani di Tito. Loro scappavano e volevano in qualche modo consegnarsi agli inglesi e agli Alleati. Scappavano. E sono passati per Gorizia. Facevano paura perché sparavano alle finestre».

DARIO C.

1 MAGGIO: LIBERAZIONE O OCCUPAZIONE?

Il primo maggio 1945 un comando partigiano jugoslavo arriva in città e si installa alla Prefettura.

Quasi in contemporanea arriva un piccolo gruppo di ufficiali neozelandesi che decide di non intervenire, in attesa delle truppe inglesi e americane.

I partigiani chiedono formalmente ai membri del CLN l’autorizzazione a prendere il comando della città e delle forze armate cittadine ma il CLN non aderisce alla richiesta. E così gli jugoslavi prendono il potere con la forza.

È il giorno del trionfo per le truppe partigiane jugoslave e per i loro sostenitori: il 2 maggio la città viene invasa da una folla di gente, proveniente soprattutto dal circondario, che inneggia all’appartenenza di Gorizia alla Jugoslavia e che manifesta a lungo per le vie del centro.

Nel frattempo arrivano in città anche i primi reparti angloamericani, accolti da un’altra parte della popolazione come i veri liberatori.

Chi sono i liberatori?

I neozelandesi

I primi ad arrivare sono stati i Neozelandesi. Mi ricordo che è arrivato un autoblindo dove c’è il valico di Casa rossa. Mi ricordo benissimo. Ed erano neozelandesi… infatti si è ammucchiata gente lì e hanno dato caramelle o cioccolato e quelle robe lì. Sono stati un po’ di tempo e poi sono venuti i partigiani jugoslavi

DARIO Z.

I partigiani

Quando l’ultimo cetnico sparì, dalla piazza si sentirono applausi, c’erano bandiere, il gruppo partigiano Skofje loski odred era arrivato giù dai monti. Presero su e mobilitarono gli uomini di Solkan (Salcano) ed andarono avanti verso Gorizia.
Poi sono andato ad appendere la bandiera con la stella rossa fuori dal nostro appartamento in piazza Vittoria. Così sulla nostra casa c’erano subito le bandiere slovene… subito dopo che i partigiani sono arrivati a Gorizia

TOMAž M.

Mio nonno… questo lo dicono tutti… Quando i soldati del IX Korpus jugoslavo hanno sfilato per il Corso di Gorizia lui li è andati ad accogliere con un fazzoletto rosso nel taschino. Mio nonno era italiano, ma aveva sentimenti socialisti

ITALICO C.

Noi sloveni siamo andati incontro ai partigiani, a Gorizia. È stata convocata una manifestazione e noi sloveni siamo andati tutti a Gorizia a dimostrare e gridare. C’erano scritte su tutte le case, ma queste c’erano già prima, quando andavano di notte a scrivere sui muri. Il primo maggio c’è stata la prima grande manifestazione. Siamo andati tutti a gridare:’Qui è Jugoslavia’ e così via

STANA F.

Gli Alleati

E poi sono arrivati gli americani, con i carri armati, e si correva tutti da loro perché ti davano la cioccolata e qualcos’altro. Quando si è saputo che è finita la guerra… non si può descrivere la gioia! Non si può descrivere come si vive quel momento dopo aver passato tanta fame e tutto il resto.

ANA M.

E mi ricordo che gli americani, avevano un bellissimo sorriso, ci sorridevano e ci salutavano.

ADELE D.

Arrivati gli inglesi è stata una gioia grandiosa. Abbiamo raccolto fiori, gettavamo fiori… E mi ricordo questo episodio con questo ufficiale inglese, mi ricordo la faccia… Era il 2 maggio, mi ricordo che era maggio, so che avevamo i fiori di maggio…

JOLANDA S.

Noi sloveni siamo andati incontro ai partigiani, a Gorizia. È stata convocata una manifestazione e noi sloveni siamo andati tutti a Gorizia a dimostrare e gridare. C’erano scritte su tutte le case, ma queste c’erano già prima, quando andavano di notte a scrivere sui muri. Il primo maggio c’è stata la prima grande manifestazione. Siamo andati tutti a gridare:’Qui è Jugoslavia’ e così via

STANA F.

Una parte dei goriziani vivono il primo maggio e i giorni che seguono come il momento del riscatto: la cacciata dei nazisti da parte dell’armata jugoslava viene vista innanzitutto come una vittoria conquistata dal popolo sloveno dopo anni di soprusi e dopo una lunga lotta.

Il primo maggio è, a tutti gli effetti, il giorno della liberazione.

Molti altri goriziani vivono quei giorni nel segno della delusione e della paura. Per loro, l’arrivo dei partigiani jugoslavi significa una nuova occupazione da parte di un esercito straniero.

La prospettiva di rimanere annessi alla Jugoslavia lascia sgomenti e tutte le speranze sono rivolte verso inglesi e americani che, arrivati in città con poche ore di ritardo, adesso mettono in campo la diplomazia.

Deportazioni e foibe

Per molti goriziani, sia italiani che sloveni, i 42 giorni in cui Gorizia rimane sotto amministrazione Jugoslava (1 maggio-12 giugno 1945), sono giorni di grandi incertezze e contraddizioni, segnati dalla paura di quelle violenze che oggi sono ricordate sotto il nome di «foibe».

Arresti, deportazioni e uccisioni da parte dell’esercito jugoslavo riguardano soprattutto italiani, ma anche sloveni, che vengono accusati di essere «nemici del popolo».

Appartenenti alle forze militari e di sicurezza dell’Italia fascista, intellettuali e politici anticomunisti, membri dell’apparato burocratico, cattolici e, anche, personalità di spicco del CLN che, pur avendo dimostrato l’impegno antifascista avevano manifestato anche la contrarietà per l’annessione alla Jugoslavia.

Agli arresti eseguiti sulla base di elenchi stilati dai comandi partigiani nel corso della guerra, si sommano quelli derivanti da delazioni e spiate, motivate da rancori o opportunismo.

Alcuni degli arrestati saranno liberati, anche a seguito dell’intervento di concittadini che garantiscono per loro, ma molte sono le esecuzioni a seguito di processi arbitrari. Di chi verrà deportato in Jugoslavia, spesso, non si avranno più notizie.

IL GOVERNO MILITARE ALLEATO

La crisi del maggio-giugno 1945 si risolve con gli accordi di Belgrado del 9 giugno, dopo lunghe e complesse trattative intercorse fra Tito e i governi di Gran Bretagna e Stati Uniti. In base al trattato l’esercito di liberazione jugoslavo è costretto a ritirarsi oltre la linea Morgan, tracciata per dividere il territorio in una Zona A, sotto il controllo del Governo militare alleato, e una Zona B sotto l’amministrazione militare jugoslava.

Inizia così un tempo sospeso, di attesa.

A Parigi si avviano le trattative di pace che dovranno definire il nuovo tracciato confinario.

A Gorizia gli americani cercano di promuovere il ritorno alla normalità ma a dominare i pensieri dei goriziani, è la questione dell’appartenenza nazionale.

Gorizia diventerà italiana o jugoslava?

Gli alleati

Noi amavamo gli americani perché ci portavano di tutto: caramelle, cioccolate… e farina bianca, mi ricordo farina bianchissima, dolcetti, e per noi dopo anni di guerra è stato proprio un paradiso in terra. Loro erano generosi venivano da noi a comperare del vino, portavano di tutto, portavano anche coperte, e noi tutti ci siamo fatti i cappotti… li facevamo con le coperte.
E poi noi avevamo gli ufficiali in casa… quello che volevi loro te lo portavano. È stato veramente uno scoppio di abbondanza. Invece gli inglesi erano molto più poverini… Mi ricordo di uno ci portava al massimo un pacchettino di tè.

JOLANDA S.

C’era fame! Quello mi ricordo. Gli americani davano al massimo qualche pezzo di cioccolata e quattro caramelle ai bambini. C’erano le tessere come durante la guerra. Non c’era da mangiare. Io ho avuto la fortuna che nella famiglia di mio padre erano contadini e quindi saltavano fuori patate, latte, quelle cose, no?».DARIO C.

DARIO C.

Invece gli americani si sono comportati molto, molto male verso gli sloveni verso gli appartenenti all’ex esercito di liberazione popolare. Sa com’è: probabilmente si parlava già allora del comunismo. L’americano ha paura del comunismo come il diavolo della croce, diciamo noi.

SAVO M.

Ma sì, si sono viste per la prima volta le cioccolate e quelle cose lì! La chewing-gum ai bambini!».

GIUSEPPE M.

Nel periodo del GMA, emerge un nuovo «paesaggio», che si contrappone in maniera piuttosto netta a quello segnato dalle distruzioni della guerra: un paesaggio fatto di case per appuntamenti, club più o meno esclusivi, tende militari che si trasformano in bordelli, balli e grammofoni, donne eleganti e prostitute. E le «segnorine» – come venivano definite con tono allusivo e in un italiano stentato – iniziano ad essere molto richieste dai militari alleati.

Luci e ombre

E poi gli americani, belli, sempre eleganti, nutriti come non so cosa. Le ragazze andavano matte per gli americani. Bastava un pezzo di cioccolata… Ma io ho sempre resistito anche se c’era un americano che veniva sempre qui…

Tutte le ragazze avevano un corteggiatore americano, o quasi tutte

EVELINA G.

Gli americani qua hanno portato la borsa nera,  le puttane. Poi venivano con i camion in piazza Vittoria e caricavano tutte le ragazze che volevano un po’di cioccolata e le portavano in giro. Per uno come me diciamo… di famiglia borghese… anche il fatto che avessero fatto tutti questi battimani agli americani, non è che mi piacesse molto… Perché penso che la gente dovrebbe essere seria

SERGIO Z.

Io mi ricordo le truppe di occupazione. Mi ricorderò sempre gli indiani, la meraviglia, mai visti prima, alti belli con la barba, occhi magnetici, i turbanti. Mio marito diceva che erano i sikh, bellissimi. E poi i marocchini, neri… E gli americani, belli, sempre eleganti, nutriti come non so cosa

EVELINA G.

C’erano molte razze, razze di tutti i tipi portate dagli americani. Di americani puri ce n’erano pochi.

Gli indiani davano cioccolata ai nostri bambini e andavano a messa a Miren (Merna). Quindi ho visto come fanno… come fanno vento con quei ventagli e come pregano. Abbiamo imparato quelle religioni che erano abituali in quei luoghi e nell’esercito americano

STANA F.